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Nei panni di mia moglie

"Nei panni di mia moglie" pubblicato da Editrice Nuovi Autori

Imago mortis - un'esca per la regina nera

"IMMAGO MORTIS- un'esca per la regina nera" pubblicato da Il Filo


Un fatto ovvio

di Andrea Saviano


Edoardo entusiasta collegò i cavi e avviò il computer, finalmente avrebbe avuto un accesso tutto suo alla rete.

Lì, nella sua cameretta, cominciò con il togliersi alcune curiosità pruriginose e tipicamente adolescenziali. Esaurita ben presto quella curiosità attraverso la monotonia delle immagini, passò alla curiosità più umana di cercare se in rete esistessero dei riferimenti a degli omonimi, magari personaggi illustri e famosi, per cui inserì in un motore di ricerca il suo nome e il suo cognome uniti tramite le virgolette.

La risposta non si fece attendere e il primo collegamento del lungo elenco che il motore gli sottopose era stranamente un'epistola.

L'incipit lo colpì particolarmente perché era tutt'altro che casuale:

Ciao, Edoardo Allavena, nato il 10 agosto del 1999...

Quante persone potevano non solo essere omonimi, ma anche nati il suo medesimo giorno?!

Prima ancora che il cervello realizzasse una scelta, la mano corse al mouse e l'indice impose un perentorio click su quel link. Nel volgere di qualche secondo il monitor si riempì di parole che il ragazzo cominciò a scorrere freneticamente e con attenzione.

* * *

Ciao, Edoardo Allavena, nato l'10 agosto del 1999, questa lettera è per te. Se stai leggendo questa pagina – che è appositamente scritta per te – la cosa di per sé mi rende felice e mi conforta, perché vuol dire innanzitutto che sei vivo e – spero – in salute. Per quanto la cosa possa sembrarti banale e quasi stupida, sappi che per chi ama un'altra persona tutto ciò può rappresentare già molto.

Non ho idea di che età tu abbia e ancor meno del tuo aspetto, cioè se tu ora sia un ragazzo o un uomo e – credo – che nemmeno tu abbia un'idea di chi io sia, perché – se ancora esisto nella tua memoria – non credo d'essere qualcosa di più concreto di un sogno lontano.

Sappi, innanzitutto, che sono l'uomo che ti cambiava con amore i pannolini, che ti raccontava storie fantastiche per farti addormentare, che ti preparava da mangiare convincendoti che il “buchino” per il dolcetto doveva prima essere tappato da del cibo un po' più sano e sostanzioso.

Sono anche quello che ti ha dato il primo sculaccione quando hai tentato di attraversare una strada da solo senza startene a manina, ma sono pure la persona che mentre eri in lacrime ha tentato di spiegarti le ragioni di quello scapaccione.

Sono l'uomo che è accorso quando sei caduto dal ponte tibetano nel parco giochi, che ti ha portato d'urgenza al pronto soccorso quando hai ingerito una biglia di vetro, che ti ha insegnato come ci si arrampica sui tubi del parco giochi senza correre il rischio si cadere. Soprattutto, sono l'uomo che ha tentato d'insegnarti il rispetto delle regole e il coraggio di affrontare le proprie paure, non perché io sappia farlo, ma perché speravo di fare di te un uomo migliore di quanto lo fossi io.

Perché questa lettera?

Vedi Edoardo, la vita è una cosa bizzarra, crea e distrugge i legami tra le persone a livello fisico, ma non è in grado di annullare il sentimento che le univa e l'amore che le accomunava. È una cosa così strana e curiosa che è in grado di realizzare legami forti lì dove nemmeno la consanguineità è in grado di realizzarla, perché pesino un figlio adottivo è comunque e sempre un figlio.

Ora, non so se serbi nel tuo cuore o – meglio – nella tua memoria un'immagine di me, so solo che di sicuro non sei più il bambino di cui conservo il ricordo e le foto, piuttosto mi chiedo se tu non sia già un uomo.

Non so nemmeno se tua madre abbia conservato le foto che ci ritraevano: sul letto nella medesima posizione ed espressione, tu in spalla a me in vacanza, noi due stretti in un abbraccio. Non so neppure se in tutti questi anni ti abbia parlato di me e, se lo ha fatto, in quali termini. So solo che l'ultima volta che i miei occhi ti hanno visto avevi cinque anni è stato quando con un'espressione triste mi hai detto: « Papà la mamma è diventata tanto cattiva con te. »

Ricordo che t'ho stretto a me con intensità, perché sapevo bene che sarebbe stato l'ultimo abbraccio che t'avrei potuto dare. Spero solo che tu possa comprendere che ho rinunciato te – il mio bene più profondo – per il tuo interesse, perché gli occhi e le orecchie di un bambino vedono e sentono più di quanto alcuni adulti riescano a comprendere.

Così, mentre ti scrivo, mi chiedo se ricordi le parole che ti pronunciai in risposta a quella tua affermazione: « La mamma non è cattiva, ha solo dei problemi e io devo andare via per molto tempo. Devo sapere che la mamma ha qualcuno vicino a lei che se ne prenderà cura. Edoardo, adesso sei tu l'uomo di casa. Ti prenderai cura della mamma? »

« Sì, » fu la risposta del mio piccolo ometto, ovvero dell'uomo o ragazzo che adesso sei tu.

Non voglio spiegarti gli eventi successivi, perché sono pieni di quel sapore amaro che solo lo strappo violento di una relazione tra un uomo e una donna possono creare, di indicibili cattiverie che sfociano in tribunali, avvocati e sentenze – spesso sbagliate, perché fuorviate da false testimonianze – di un giudice. Sappi che quel giorno ho “difeso” tua madre e ancor oggi sarei pronto a farlo, perché le colpe non stanno mai solo da una parte e spero un giorno tu potrai farti un'opinione equilibrata di quegli eventi.

Ti basti sapere che non sono fuggito, ma m'è stato impedito di vederti e che non t'ho abbandonato né ho mai desiderato allontanarmi da te.

Sappi – se già non lo sai – che nella vita incontrerai immensi dispiaceri e gravi lutti, ma per quanto possa essere grande il dolore che proverai esiste sempre la possibilità di affrontarlo, accettarlo e superarlo. Anche se a volte il prezzo è la rinuncia a pronunciare un nome che diventa quasi osceno, indicibile.

Sappi – se già non hai avuto la sfortuna di apprenderlo – che non utilizzare un termine non ne cancella il ricordo e soprattutto la mancanza, ma permette di cacciare via da sé la depressione, un male sottile e infido che una volta che ti prende ti altera la realtà rendendoti gli altri invisibili e facendoti credere d'essere invisibile agli altri.

Ti accorgerai – o ti sei già accorto – che non c'è presenza più ossessiva dell'assenza di qualcuno. Una triste compagna che ti segue ovunque, tutto il giorno, senza abbandonarti nemmeno la notte, perché nel sogno “chi non c'è più” riappare.

Scoprirai – o hai già scoperto – che i piacevoli ricordi, le risate, l'allegria, i momenti felici vissuti insieme sono una bella compagnia di cui però non ci si deve innamorare, perché la vita è davanti a noi e non dietro.

Capirai – se la vita non ti ha già costretto a scoprirlo – che a volte rinunciare è un atto d'amore, mentre volere è solo un atto egoistico che non tiene conto delle conseguenze di quel desiderio sugli altri. Per questo chi ama è pronto a rinunciare per il bene della persona amata.

Come ho premesso, non so se sei un ragazzo o un uomo fatto, a dire il vero non so se mai leggerai le parole che un giorno ti ho scritto osservando un monitor e vedendoci riflessa la tua immagine di bambino.

Non so nemmeno se sarò ancora in vita il giorno in cui i tuoi occhi incontreranno le mie parole, ma spero tanto che quel giorno arrivi.

Non so – anche se lo desidero dal più profondo del mio cuore – se tu mi abbia mai cercato o mi stia ancora cercando. In questo caso, vorrei tanto tu sapessi che – finché avrò fiato nei miei polmoni – le mie mani non avranno altro desiderio che quello di riaverti stretto a me in un abbraccio.

Questo è ciò che io vorrei tu sapessi di me, ma – se nel frattempo tu fossi diventato un genitore – tutto quello che ho scritto non è altro che un fatto ovvio.

* * *

Edoardo fissò lo schermo quasi impietrito, scosso da una tempesta di ricordi che nemmeno rammentava d'avere.

Con le mani tremanti e gli occhi lucidi si ritrovò così ad esclamare una parola che credeva d'aver perduto: « Papà! »

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